Dossier Terzo SettoreJobLetter 01/2021

Introduzione. Tra Stato e Mercato la parola passa al Terzo Settore

4 minuti di lettura

Il Quarto settore, che include il mercato nero e irregolare e il crimine organizzato, è un’arena potenziale di impiego. In molti paesi questo è il settore occupazionale che cresce in modo più rapido. C’è comunque un altro settore in cui le abilità, il talento e le competenze delle persone possono essere ravvivati, è il Terzo Settore o la società civile. Tale settore include tutte le attività non profit formali e informali che costituiscono la vita culturale della società. È il settore in cui le persone creano i legami tra le comunità e quindi l’ordine sociale.

Jeremy Rifkin, La fine del lavoro (1995)

È un protagonista dell’economia e della società ma anche un motore dello sviluppo a 360 gradi. Il Terzo Settore vale almeno 80 miliardi e rappresenta il 5% del Pil. Dispone di un esercito di oltre 6 milioni di volontari che lo praticano di cui, secondo le stime ufficiali, 850 mila sono dipendenti retribuiti. 

In questa prima JobLetter raccontiamo questo mondo, al quale la Fondazione Antonio Lombardi si onora di appartenere; e continueremo a seguirne gli sviluppi, non tanto per la sua valenza economica quanto per il capitale immateriale e culturale che mette in moto, dentro e fuori la dimensione della responsabilità sociale delle imprese.

Se non ci fosse il Terzo Settore le sorti e la crescita di un Paese non potrebbero andare avanti. È una legge ferrea. Infatti, di fronte alla crisi del mercato che non riesce più a risolvere tutti i bisogni di una comunità, di fronte alle difficoltà dello Stato a mantenere i servizi e a soddisfare il Welfare, restano altri due soggetti che sono già scesi in campo: la criminalità organizzata e il Terzo Settore. 

Per questo sappiamo da che parte stare. Ma come si possono sostenere una richiesta crescente di Welfare e l’arrivo di nuovi bisogni delle comunità, se non con un Terzo Settore vivo e dinamico e non autoreferenziale? Questa è la risposta sottesa nella lucida ed efficace frase di Jeremy Rifkin, che ci spinge a competere e a migliorare la relazione tra domanda e offerta di economia civile e sociale. 

Competere deriva dal latino, cum-petere, e indica il comune obiettivo a cui tendere. Ma per farlo in modo concreto occorre avere le giuste competenze (ancora cum-petere). È questa la sfida in corso in questo momento. Per vincere è necessario lavorare e trovare soluzioni, con tutto il mondo del non profit.

Per reggere il cammino al Terzo Settore serve mantenere una grande autonomia, soprattutto culturale, una capacità di monitorare i bisogni, che sono in drammatico aumento mentre si restringono le risorse pubbliche. Il non profit non può vivere solo delle esternalizzazioni del sistema pubblico e delle sue restrizioni. Il Terzo Settore deve saper leggere i segnali deboli e concentrarsi sui bisogni emergenti, attraverso un’operazione di monitoraggio sugli invisibili. E deve anche aprirsi a nuove e creative fonti di finanziamento, mantenendo tutta la sua autonomia. Il dilemma continua a porsi tra mantenimento di una forte identità e il rischio di una strisciante autoreferenzialità. 

Infine, l’altra sfida da combattere è la frammentazione, che abbassa l’efficacia delle azioni privilegiando le politiche di bandiera. Un protagonista dello sviluppo economico e occupazionale come il Terzo Settore non può accontentarsi delle micro-azioni, per quanto simboliche ed esemplari, ma deve impegnarsi a creare e a fare sistema. 

Numbers. Il Terzo Settore e i suoi numeri

Secondo l’ultimo rapporto Istat, in Italia il Terzo Settore cresce. Al primo gennaio 2019 le istituzioni non profit attive in Italia sono 359.574. Complessivamente, i dipendenti nel settore sono 853.476 e sono destinati a crescere. Le istituzioni non profit in Italia aumentano con tassi di crescita medi annui intorno al 2%, mentre l’incremento dei dipendenti, pari al 3,9% tra il 2016 e il 2017, si attesta all’1,0% nel biennio 2017-2018. Rispetto al complesso delle imprese dell’industria e dei servizi, l’incidenza delle istituzioni non profit continua ad aumentare, passando dal 5,8% del 2001 all’8,2% del 2018. 

Le istituzioni non profit. Aumentano di più nel Mezzogiorno, i dipendenti diminuiscono nelle Isole. Nel 2018, le istituzioni non profit crescono a un ritmo più sostenuto nelle Isole (+4,5%) e al Sud (+4,1%), in particolare in Sardegna (8,9%), Puglia (7,8%), Calabria (6,8%) e Basilicata (3,8%), mentre il Molise è l’unica regione in cui si riducono (-4,4%). La distribuzione territoriale permane piuttosto concentrata, con oltre il 50% delle istituzioni attive nelle regioni del Nord (27,1% nell’Italia meridionale e insulare). La diffusione del settore non profit è comunque in aumento nel Mezzogiorno.

Le Fondazioni. In crescita soprattutto le Fondazioni. Tra il 2017 e il 2018, ad eccezione delle cooperative sociali che permangono sostanzialmente stabili (-0,1%), le istituzioni non profit aumentano pressoché in tutte le forme giuridiche, in particolare tra le Fondazioni (+6,3%). L’associazione è la forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,0%), seguono quelle con altra forma giuridica (8,4%), le cooperative sociali (4,4%) e le Fondazioni (2,2%).

I dipendenti. Aumentano maggiormente nelle cooperative sociali (+2,4%) e nelle Fondazioni (+1,9%); al contrario, diminuiscono tra le associazioni (-3,0%). La distribuzione dei dipendenti per forma giuridica resta piuttosto eterogenea, con il 53,0% impiegato dalle cooperative sociali, il 19,2% dalle associazioni e il 12,2% dalle Fondazioni. 

Il fascino discreto di cultura, sport e ricreazione. Due istituzioni su tre attive in cultura, sport e ricreazione. Rispetto al 2017, le istituzioni non profit che presentano un incremento più elevato sono quelle della tutela dei diritti e attività politica (+9,9%), dell’assistenza sociale e protezione civile (+4,1%), della filantropia e promozione del volontariato (+3,9%) e delle relazioni sindacali e rappresentanza interessi (+3,7%). La distribuzione delle istituzioni non profit per attività economica rimane pressoché invariata, con il settore della cultura, sport e ricreazione che raccoglie quasi due terzi delle unità (64,4%), seguito da quelli dell’assistenza sociale e protezione civile (9,3%), relazioni sindacali e rappresentanza interessi (6,5%), religione (4,7%), istruzione e ricerca (3,9%) e sanità (3,5%).

Quanti sono gli ENTI NON PROFIT e quanti DIPENDENTI hanno?

20012011201520162017
Numero di Istituzioni non profit235.232301.191336.275343.432350.492
Dipendenti delle istituzioni non profit488.523680.811788.126812.706844.775
In % sul numero di imprese dell’industria e dei servizi di mercato5,86,87,77,88,0
In % sul numero di dipendenti delle imprese dell’industria e dei servizi di mercato4,86,06,96,97,0
Fonte Istat (Struttura e profili del settore non profit, 11 ottobre 2019)

Qual è la forma giuridica degli ENTI NON PROFIT e in rapporto ai DIPENDENTI?

IstituzioneEnti v.a.%Var. % 2017/2016Dipendenti v.a.%Var. % 2017/2016
Associazione riconosciuta e non riconosciuta298.14985,12,0169.30320,09,3
Cooperativa sociale15.7644,51,1441.17852,22,9
Fondazione7.4412,1-0,9101.92812,13,8
Altra forma giuridica29.1388,33,5132.36615,71,1
Totale350.492100,02,1844.775100,03,9
Fonte Istat (Struttura e profili del settore non profit, 11 ottobre 2019)

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