La Commissione europea ha pubblicato lo scorso 19 ottobre il suo Piano di lavoro per il 2021. Nella premessa che lo introduce, un ampio spazio è dedicato al compito di “guidare l’Europa attraverso la più grande trasformazione da più di una generazione a questa parte”. Un compito, che il documento definisce “sistemico”, oggi reso ancora più urgente dalle conseguenze sociali ed economiche della crisi scatenata da Covid-19.
I perni del programma sono i temi del Green Deal e del futuro digitale dell’Europa, già più volte enunciati nel corso dei primi 100 giorni della Commissione von der Leyen. Accanto alla necessità di questa duplice transizione trova però posto anche la “road map for a strong social Europe with a view to implementing the European Pillar of Social Rights”. Interpretando la necessità di una forte accelerazione per fare fronte al cambiamento che questi tempi rendono necessario, il Programma 2021 prevede che la Commissione europea con il nuovo anno proponga un “piano di azione per l’economia sociale che sostenga gli investimenti sociali, dia supporto agli attori dell’economia sociale e alle imprese sociali, per avviare nuove attività, sviluppare quelle esistenti, innovare e creare occupazione”.
Il tema dell’Action Plan for Social Economy è entrato nell’agenda europea già da qualche mese, sotto la responsabilità del Commissario al lavoro e alle politiche sociali, Nicholas Schmit, ed è stato oggetto di diverse azioni preparatorie. Il Commissario il 24 aprile ha scritto a tutti i governi dei paesi membri (per l’Italia, le ministre Catalfo e Bonetti) sollecitando il loro contributo. Inoltre, la Commissione ha finanziato due progetti – rivolti rispettivamente alla mappatura delle imprese sociali nei Paesi membri e alla valutazione dei risultati della Social Business Initiative, lanciata a suo tempo dalla commissione Barroso – con l’obiettivo di fornire un quadro conoscitivo su cui costruire le future policy di settore. In entrambi i progetti è stato determinante il contributo di Euricse, un centro di ricerca italiano da anni accreditato presso la Commissione come soggetto esperto di economia sociale.
Inoltre, a conferma dell’attenzione e dell’interesse manifestato dalla Commissione per il contributo italiano sul tema, sempre il commissario Schmidt, la scorsa estate in un incontro con istituzioni internazionali, ha espresso l’auspicio che grazie al turno di presidenza italiana il tema dell’economia sociale potesse finalmente, per la prima volta, essere inserito nell’agenda di lavoro del G20. In questo senso la UNTFSSE (United Nations Task Force for Social and Solidarity Economy) ha avanzato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la proposta di un’iniziativa da organizzare congiuntamente.
Ma un ruolo di rilievo nella preparazione dell’Action Plan sarà svolto soprattutto dalla consultazione pubblica avviata dalla Commissione, alla quale governi e organizzazioni stanno partecipando per fornire il proprio contributo alla definizione del Piano. Poiché l’economia sociale sarà pienamente integrata tanto nei programmi comunitari e nel Multi-Annual Financial Framework, entro il quale sarà assunta come priorità per la gestione dei fondi di coesione, quanto anche nella gestione dei fondi FEI per le infrastrutture sociali, è facile comprendere l’importanza di predisporre un contributo nazionale.
Come peraltro sollecitato in una lettera aperta inviata lo scorso 15 giugno al presidente del Consiglio da parte di più di 200 firmatari in nome delle organizzazioni dell’economia sociale italiana, ed in cui si si chiedeva al Governo di “dotarsi di un Action Plan nazionale per tracciare la strategia con cui rendere il Terzo Settore e l’economia sociale parte integrante del percorso di rilancio del Paese. Definendo le linee verso cui indirizzare risorse ed energie per sfruttare tutto il potenziale che le organizzazioni non profit e dell’economia sociale possono mettere a disposizione dell’interesse generale. Costruito con una consultazione ampia tra tutti coloro che possono portare un contributo, come ha deciso di fare la Commissione europea”.
Il tempo a disposizione si sta riducendo sensibilmente e un’iniziativa italiana è urgente. L’opportunità fornita dal futuro Action Plan è particolarmente rilevante per l’Italia, Paese al quale è riconosciuta in Europa leadership culturale e pratica sul tema, non solo per le risorse finanziarie comunitarie che è in grado di attivare, ma anche per l’indirizzo che può fornire alle strategie di sviluppo europee. È un’occasione da non sprecare, vista la reputazione di cui il nostro Paese gode su questi temi.