Ma davvero voi pensate che creare il lavoro sia possibile? Noi pensiamo di sì, a determinate condizioni, ricordando che i negazionisti e i populisti in questo campo sono tanti. Vediamone alcuni. I più testardi sono i malthusiani. Gli inconsapevoli seguaci di Thomas Malthus sostengono che è l’incremento demografico a creare problemi: una crescita in proporzione geometrica della popolazione si scontra infatti con una aritmetica crescita della produzione. Nascerebbe da qui lo squilibrio tra popolazione e mezzi di sostentamento, che porterebbe a una decrescita e a una crescente povertà nel mondo.
L’oppositore più vigoroso di questa corrente pauperista è Karl Marx, secondo il quale la crescita, il progresso e il lavoro guidano la crescita del mondo, spingendo le classi più povere a ribellarsi e a contribuire al benessere della società. Da notare che il primo contestatore di Marx fu Paul Lafargue, suo genero, che nel libro Diritto all’ozio ha stilato il più grande elogio ai seguaci della decrescita. Continuano attualmente a distinguersi i liberisti, nipotini di Adam Smith, secondo i quali il lavoro è il prodotto del perfetto equilibrio tra la domanda e l’offerta, la cui dialettica fa crescere il lavoro o lo fa decrescere; mentre un ruolo rilevante oggi è quello dei keynesiani, i seguaci di John Maynard Keynes, che prevedono un forte peso dello Stato nell’economia e nella creazione di posti di lavoro.
Negli ultimi anni, infine, hanno preso forza posizioni pragmatiche e non ideologiche, secondo le quali oggi creare occupazione e posti di lavoro è un obiettivo etico oltre che economico (Amartya Sen, Nobel per l’economia). Lo Stato non deve diventare padrone, ma creare le linee guida e le condizioni affinché i posti di lavoro vengano creati. (W. P.).